ENORME FALSTAFF: UN GIORGIO SURIAN IMMENSO CHIUDE A FIUME LA TRILOGIA VERDIANA DI OPERE TRATTE DA WILLIAM SHAKESPEARE

Applausi dopo la prima parte, applausi a scena aperta e dopo la seconda e ancora applausi al termine della rappresentazione hanno salutato sabato sera, al Teatro Nazionale Croato Ivan Zajc di Rijeka, l’antica Fiume, Falstaff terzo titolo del progetto ideato dal Sovrintendente dell’istituzione musicale croata Marin Blažević su Macbeth - Otello - Falstaff, in altre parole, come recitano gli striscioni che addobbano il teatro Verdi - Shakespeare - Surian. Ed è stato proprio Giorgio Surian, il basso-baritono fiumano di reputazione internazionale a portare magistralmente sulle proprie spalle, e in meno di un mese, i tre personaggi, fra loro diversissimi, del perfido Jago in Otello, del dolente Macbeth, e ora del buffo e panciuto Sir John Falstaff nei tre titoli verdiani del cartellone fiumano 2017/2018 che si chiude nel nome di Bellini e di Norma. Un progetto imponente - probabilmente il più impegnativo negli ultimi sette decenni del Teatro di Fiume -, che ha richiesto sforzi formidabili da parte di tutti i duecentoventi artisti che hanno partecipato all’allestimento delle tre opere. “Tre mesi di prove intensive con la compagnia” ci ha dichiarato Nicoletta Olivieri, responsabile del Coro del Teatro Ivan Zajc “e per fortuna che in Falstaff il coro è meno impegnato, perché è stata un’impresa riuscire a ottenere dagli artisti croati la perfetta scansione di un testo italiano difficile come quello che Boito offrì a Verdi per Falstaff…”.
L’ultimo capolavoro del Cigno di Busseto, scritto quando Verdi aveva superato gli ottant’anni e poteva essere considerato il Grande Vegliardo della musica italiana, fu rappresentata per la prima volta il 9 febbraio 1893 alla Scala nell’ambito della stagione di Carnevale e Quaresima del Teatro milanese, dirigeva Edoardo Mascheroni, in palcoscenico una compagnia straordinaria attorno a Victor Maurel, che per Verdi e Boito già era stato il primo Jago e che Verdi seguì nel corso delle prove che furono capillari e molto approfondite sia sotto il profilo scenico sia sotto l’aspetto musicale. In sala c’erano la Principessa Letizia Bonaparte, Giosuè Carducci, Giuseppe Giacosa, Giovanni Boldini, Giacomo Puccini, Pietro Mascagni. Furono bissati il quartetto delle donne del primo atto e Quand’ero paggio del duca di Norfolk, l’arioso di Falstaff del secondo. Fu un trionfo e una folla di ammiratori seguì Verdi fino al suo albergo costringendo il compositore ad affacciarsi al balcone. Le recensioni della stampa, italiana e straniera, furono entusiastiche. A Fiume Falstaff arrivò nel 1923 in quello che all’epoca era il Teatro Verdi della città adriatica e fu quindi ripetuto nella stagione 1957/58 con Milan Pichler nel ruolo centrale e la direzione di Alessandro Petterin. Falstaff, ultima opera di Giuseppe Verdi, è una commedia lirica in tre atti su libretto di Arrigo Boito, tratto dalla commedia Le allegre comari di Windsor e da alcuni squarci di Enrico IV dello stesso Shakespeare, in cui per la prima volta appare la figura comica di Sir John Falstaff.
Che dire di quest’opera? Che è un miracolo di vivacità in cui il genio verdiano si esprime in piena libertà. “Io mi diverto a farne la musica; senza progetti di sorta, e non so nemmeno se finirò... ripeto: mi diverto... Falstaff è un tristo che commette ogni sorta di cattive azioni... ma sotto una forma divertente. È un tipo!”: scriveva il vecchio Verdi a Gino Monaldi. Lo spettacolo appena visto a Fiume è stupefacente per brio e freschezza. Si ascolta tutto d’un fiato e si legge come un libro aperto, il testo nell’originale italiano e nella traduzione croata scorre mentre l’azione si sviluppa al proscenio, su tre praticabili che collegano il palcoscenico con la platea e nella stessa bella platea del teatro fiumano. La regia è di Marin Blažević che ne firma anche la drammaturgia con le collaborazioni di Dalibor Laginja per le scene, Sandra Dekanic per i costumi e Dalibor Fugošić per il disegno luci, e rispecchia mirabilmente la comicità raffinata della geniale ultima partitura verdiana. Lo spettacolo, che allude all’opera più che rappresentarla - nel finale la celebre quercia di Herne lo spettatore deve immaginarla, tanto per fare un esempio - è la dimostrazione evidente dell’assunto strehleriano che quando la regia di una rappresentazione teatrale è coerente e indaga in ogni piega dell’animo dei personaggi in commedia facendone emergere prepotentemente la psicologia, è un valore aggiunto alla bontà dell’esecuzione musicale.
Che, va detto, è stata eccellente. Autentico mattatore della serata era, naturalmente, Giorgio Surian. L’artista fiumano ha costruito un Falstaff dalle mille sfaccettature e ha saputo renderle grazie alla sua inesauribile vitalità scenica ed evidenziare grazie all’efficacia delle sue capacità mimiche. Un Falstaff senza pancia, ma grasso il giusto, e dalla simpatia travolgente che, specie nei recitativi, fondamentali in questo lavoro, evidenzia un fraseggio raffinato e rivela il timbro smagliante di una voce ancora salda dopo tanti anni di attività. Molto apprezzata anche la bella interpretazione di Robert Kolar in Ford, che ha avuto il suo culmine nell’aria delle corna “È sogno? O realtà” cavallo di battaglia baritonale; dizione chiara, recitazione centrata, acuti solidi. Chi, fra le allegre comari tesse la trama delle beffe al pancione del titolo è la moglie di Ford, Alice, che Anamarija Knego restituisce con arguzia e grazia scenica, oltre che con notevole resa vocale. Nannetta - la longilinea Vanja Zelčić - è altrettanto aggraziata e si mette in luce per i bei suoni filati della canzone delle fate, “Sul fil d’un soffio etesio”. Aljaž Farasin in Fenton è molto centrato nella resa del sonetto che apre l’ultima scena dell’opera ed è la degna controparte amorosa di una Nannetta tanto gradevole.
Ivana Srbljan (Meg), ha mezzi vocali importanti che già aveva rivelato in Dido and Aeneas, e completa con la brillante Quickly di Biljana Kovač il quartetto delle allegre comari. Ben disimpegnati sono anche i personaggi dell’invidioso Dottor Cajus di Sergej Kiselev e dei due seguaci di Falstaff, Marko Fortunato (Bardolfo) e Dario Bercich (Pistola). Ottima la prova dell’Orchestra stabile del Teatro Nazionale Croato Ivan Zajc di Fiume agli ordini dall’eccellente Ville Matvejeff: suono tornito nei pieni d’orchestra, con belle rifiniture espressive e in bella evidenza i soli delle prime parti, in particolare corni e arpa. Bene anche il Coro istruito con sapienza da Nicoletta Olivieri. Insomma, una serata divertente e molto festeggiata che alla recita di sabato cui abbiamo assistito è stata molto frequentata da spettatori giunti, come noi, dalla vicina Trieste. Info: hnk-zajc.hr Foto: hnk-zajc.hr di Rino Alessi 13/05/2018 bellaunavitaallopera.blogspot.com

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