BRUXELLES PORTA IN TRIONFO CAVALLERIA RUSTICANA DI MASCAGNI E PAGLIACCI DI LEONCAVALLO PER LA REGIA DI DAMIANO MICHIELETTO. SUL PODIO EVELINO PIDO'

Già rappresentato al Covent Garden nella stagione 2015-2016, e vincitore in quell’occasione di un Olivier Award, il bell’allestimento di Damiano Michieletto e Paolo Fantin di Cavalleria rusticana e Pagliacci rinasce ora a Bruxelles sulla scena del ritrovato Théâtre Royal de La Monnaie. Alla ripresa arride un successo incandescente che si ripete nel corso di undici recite che registrano il tutto esaurito. Un risultato lusinghiero per i capolavori giovanili di Pietro Mascagni e Ruggero Leoncavallo che dalla massima scena belga mancavano da quindici anni e che hanno visto il regista veneziano ripetere a Bruxelles il successo con cui era stato accolto alla Monnaie, prima della chiusura per imponenti lavori di ristrutturazione, il suo Elisir d’amore donizettiano. Lo spettacolo, che si avvale delle collaborazioni del già citato Fantin per le scene, di Carla Teti per i costumi e di Alessandro Carletti per il disegno luci, è una coproduzione fra Londra, Bruxelles, la svedese GöteborgsOperan e Opera Australia: un progetto internazionale dedicato ai due lavori che sul finire dell’Ottocento segnarono, nel panorama musicale italiano dominato da Verdi, l’avvento dell’opera verista. Mascagni prima (Roma, 1890) e Leoncavallo poi (Milano, 1892) rappresentarono alla perfezione i sentimenti estremi legati a due fatti di sangue e portarono alla ribalta un Meridione d’Italia arretrato culturalmente e desideroso di un riscatto nell’Unità del Bel Paese.
La Sicilia derivata dall’omonima novella di Giovanni Verga del toscano Mascagni e la Calabria che si fa teatro nel teatro nella cronaca di un delitto passionale realmente accaduto e raccontato dal napoletano Leoncavallo, non sono più regioni esotiche, ma terra di passioni dolorose, grandi tradizioni religiose e forti contraddizioni che i due musicisti portano alla ribalta creando, ispirandosi al naturalismo francese di Zola, un nuovo modo di fare teatro. Lo spettacolo di Michieletto sposta l’azione dei due drammi negli anni Sessanta del secolo scorso, strizza l’occhio, specie per Cavalleria, alla Sicilia dell’anima di Nuovo cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, e lega indissolubilmente i due lavori inserendo nel primo i personaggi del secondo e nel secondo quelli del primo. Nedda, prima di diventare attrice di fiera, è - in Mascagni - la cassiera del teatro dove le compagnie girovaghe rappresentano i loro spettacoli e Silvio s’innamora di lei sfornando il pane nel panificio gestito da Mamma Lucia. Il cadavere di Turiddu pianto dalla madre e dai vicini, apre l’opera: il delitto si è già consumato e la rappresentazione non ne è che il ricordo.
Alfio, il nuovo ricco del paese, canta le lodi del mestiere di carrettiere, ma arriva in palcoscenico a bordo di una macchina sportiva nuova fiammante e mostra ai compaesani i regali di cui ricopre la fedifraga Lola. A loro volta Santuzza e Mamma Lucia ricompaiono durante l’Intermezzo che separa i due atti di Pagliacci e che, per l’occasione, sono eseguiti senza soluzione di continuità. Santuzza si è appena confessata col parroco del paese che la affida a Mamma Lucia. La teatralità del capolavoro di Leoncavallo è, in qualche modo sviluppata, e la rappresentazione finale si sdoppia – il palcoscenico, del resto, è girevole – fra il camerino dove Canio si trucca e vive come un incubo della propria mente la tragica evoluzione delle gesta comiche di Pagliaccio, Colombina, Arlecchino e Taddeo, che nel frattempo si consumano sul palcoscenico di fortuna. Insomma, uno spettacolo ricco di notazioni calzanti che esaltano il suo forte impatto visivo e coinvolgono il pubblico in sala.
Detto questo va rilevata la buona prova delle due compagnie di cantanti-attori. Si dice spesso che verismo fa rima con l’italico mammismo, e la figura materna di Lucia ha un ruolo centrale in Cavalleria rusticana: la gloriosa Elena Zilio, a dispetto delle poche battute che deve cantare, non se lo lascia sfuggire. Le sono accanto l’olandese Eva-Maria Westbroek, voce e fisico imponenti che è una Santuzza soprano dolente e immedesimata ma mai rassegnata, il rumeno Teodor Ilincai che è un Turiddu di tenorile generosità, il baritono greco Dimitri Platanias che sbalza un Alfio giustamente ruvido e sbrigativo e, in Lola, la procace José Maria Lo Monaco.
In Pagliacci la compagnia è altrettanto omogenea e trova in Carlo Ventre, uruguayano, un Canio di grande forza espressiva e verità drammatica anche se la sua voce di tenore è un po’ provata dagli anni. Al baritono statunitense Scott Hendricks, Tonio, spetta non solo il Prologo ma la battuta finale “La commedia è finita” come vuole la revisione critica a suo tempo adottata da Riccardo Muti. La bella Nedda del soprano anglo-rumeno Simona Mihai canta e recita impeccabilmente e il suo duetto d’amore con il Silvio di Gabriele Nani, un baritono lirico di bella voce e capace di fraseggi quasi belcantistici, è uno dei momenti musicalmente più riusciti della rappresentazione cui danno il loro contributo, più che positivo, il dinamico Arlecchino del tenore turco-berlinese Tansel Akzeyebek, il Coro stabile della Monnaie preparato da Martino Faggiani e l’Académie des Choeurs et Choeurs d’Enfants et de jeunes della Monnaie istruita da Benoît Giaux.
Alla testa dell’Orchestre Symphonique del Théâtre Royal de la Monnaie e al suo debutto nell’opera verista è Evelino Pidò. Debutto felice, il maestro torinese rileva la teatralità arcaica di Mascagni e quella più dinamica di Leoncavallo evidenziandone l’espressività delle orchestrazioni ed esaltando il forte impatto melodico e corale dei due lavori. Al termine della rappresentazione domenicale cui abbiamo assistito il successo, ha accomunato tutti gli esecutori delle due opere, più volte reclamati alla ribalta. Foto: @Forster Info: www.lamonnaie.be/fr/program/427-cavalleria-rusticana-pagliacci di Rino Alessi 19/03/2018 bellaunavitaallopera.blogspot.com

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