Le metamorfosi di Pasquale di Gaspare Spontini in prima rappresentazione in tempi moderni al Teatro Malibran di Venezia

Per la prima volta in tempi moderni andrà in scena al Teatro Malibran Le metamorfosi di Pasquale, farsa giocosa per musica in un atto, su libretto del veneziano Giuseppe Maria Foppa, musicata da Gaspare Spontini per il Teatro Giustiniani in San Moisè nel carnevale del 1802. L’opera, riscoperta nel 2016 grazie al ritrovamento della partitura manoscritta, andrà in scena in un nuovo allestimento prodotto dalla Fondazione Teatro La Fenice con la Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi e nell’ambito del progetto «Atelier della Fenice al Teatro Malibran», realizzato in collaborazione con l’Accademia delle Belle Arti di Venezia. La regia è di Bepi Morassi mentre la direzione musicale è affidata a Gianluca Capuano, che sarà alla testa dell’Orchestra del Teatro La Fenice. Alla prima di venerdì 19 gennaio 2017 seguiranno quattro repliche: il 21, 23, 25 e 27 gennaio 2018. Lavoro giovanile, Le metamorfosi di Pasquale è un tassello fondamentale per comprendere nell’insieme l’opera e il percorso musicale di Gaspare Spontini (1774-1851): appartiene infatti a quella fase cruciale del percorso del musicista marchigiano, tutta italiana, immediatamente precedente il suo trasferimento a Parigi, dove grazie ai grandi successi della Vestale (1807) e di Fernand Cortez (1809) divenne uno dei compositori più apprezzati nelle scene di Francia. Il ritrovamento del manoscritto delle Metamorfosi di Pasquale, che era conservato nella biblioteca del castello d’Ursel a Hingene, in Belgio, è stato annunciato nel giugno 2016 dalla stessa contessa Ursula d’Ursel e dai ricercatori della biblioteca del Conservatorio Reale di Anversa. La partitura potrebbe essere giunta al castello fiammingo tramite Sabine Franquet de Franqueville, moglie del duca Roberto d’Ursel (1873-1955) e discendente da parte di madre di Céleste Érard, moglie di Spontini.
A proposito della partitura, il direttore Gianluca Capuano spiega che «si tratta, in termini generali, di un tipo di scrittura sempre molto brillante e assolutamente funzionale alla situazione scenica, ma che allo stesso tempo non rifugge dalla ricerca tecnico-armonica e dalla sapienza contrappuntistica. In questo lavoro troviamo evidenti spunti della scuola napoletana da cui il compositore proviene. L’orchestrazione è abbastanza tradizionale, […] al suo interno tuttavia si trovano soluzioni strumentali notevoli, tra cui alcuni recitativi accompagnati, abbastanza insoliti nelle farse. […] Poi ci sono delle preziosità di scrittura, che proiettano questa farsa al di là del genere standardizzato». L’intreccio della vicenda è imperniato sulla figura di Pasquale, maldestro avventuriero che tornando al villaggio dopo anni di peregrinazioni in cerca di fortuna, addormentatosi sotto un albero, si risveglia nei panni di un marchese, con tanto di servo (Frontino) a sua disposizione. Lungi dal sospettare un inghippo, Pasquale tenterà di approfittarne dapprima per rifocillarsi a sbafo e poi per riconquistare il cuore di Lisetta, un tempo sua promessa sposa, ma poi da lui abbandonata e ora in procinto di convolare a nozze proprio con Frontino. In realtà questa situazione è stata creata deliberatamente da Frontino stesso per consentire al vero marchese di evitare guai con la giustizia e di aver così modo di riuscire a ottenere la mano di Costanza, figlia del barone. «Sono partito – spiega il regista Bepi Morassi – dalla natura ‘napoletana’ dell’opera, anche se la città non è esplicitamente citata nel libretto, e da qui ho identificato un’ambientazione che mi sembrava convincente. Siamo agli inizi del Novecento, in un periodo di passaggio estremamente vitale non ancora funestato dall’orrore della guerra, caratterizzato dall’avvento dei Café chantant. […]
In questo contesto un po’ liberty e da ‘varietà’ il padre di Costanza, da indefinita figura nobiliare, diviene il proprietario di una specie di Caffè Gambrinus, il celebre locale napoletano fondato nel 1860. E partendo da qui anche gli altri personaggi hanno assunto un’identità sempre più definita, che fa riferimento a quell’epoca: il cavaliere, ad esempio, incarna un po’ la maschera ‘sciupafemmine’ di Fefè». L’allestimento veneziano si basa sull’edizione critica a cura di Federico Agostinelli. Scene, costumi e luci sono a cura della Scuola di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, in particolare le scene sono di Piero De Francesco, i costumi di Elena Utenti. Nel cast figurano Francesco Basso nel ruolo del barone, Michela Antenucci in quello di Costanza, Christian Collia nel doppio ruolo del cavaliere/sergente, Irina Dubrovskaya in quello di Lisetta; Giorgio Misseri sarà il marchese; Carlo Checchi, Frontino; Andrea Patucelli, Pasquale. Ecco il dettaglio delle recite: venerdì 19 gennaio 2018 ore 19.00 (turno A); domenica 21 gennaio ore 15.30 (turno B); martedì 23 gennaio ore 19.00 (turno D); giovedì 25 gennaio ore 19.00 (turno E); sabato 27 gennaio ore 15.30 (turno C). La recita di venerdì 19 gennaio rientra nell’ambito della «Fenice per la città», iniziativa rivolta ai residenti del Comune di Venezia e realizzata in collaborazione con la Municipalità. La recita di domenica 21 gennaio è invece parte della «Fenice per la Città metropolitana» realizzata in collaborazione con la Città metropolitana di Venezia e dedicata ai residenti dell’ex provincia.(COMUNICATO STAMPA) gennaio 2018 Copyright © 2018 Fondazione Teatro La Fenice di Venezia Fondazione Teatro La Fenice di Venezia San Marco 1965, Venezia, VE 30124 Italy

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